
Per superare la crisi ripartiamo dai giovani
Per superare la crisi ripartiamo dai giovani.
I giovani che hanno finito i loro studi e sono entrati nel mondo del lavoro dopo la crisi finanziaria del 2008 hanno avuto vita difficile. Sono stati definiti la “generazione della crisi” e hanno dovuto fare i conti con salari molto più bassi rispetto alla generazione precedente, meno opportunità di carriera e un lavoro meno sicuro.
Gli effetti della crisi sono noti ormai a tutti, anche a chi non fa l’economista di professione e, ancora una volta, tutte le statistiche mostrano che saranno i giovani i più penalizzati, quella generazione tra i 27-28 e i 32-35 anni. Non siamo riusciti a costruire un’economia con radici solide: negli ultimi 30-40 anni è prevalso un mondo fatto di soluzioni di comodo, di finanza creativa, di soldi facili e stipendi incredibilmente alti ai vertici della piramide economica. Il mercato immobiliare, se paragonato al resto dell’economia italiana, ha rappresentato una quota, assolutamente insostenibile, del PIL del nostro Paese. Questo mercato perderà sicuramente di valore e i più giovani ne pagheranno le conseguenze.
I primi a essere colpiti saranno quelli che avrebbero dovuto sostenere gli esami quest’estate e che riceveranno i loro diplomi senza aver superato le prove in maniera tradizionale. La preoccupazione per tutti loro è che i diplomi che riceveranno tra poche settimane potrebbero essere considerati di minor valore rispetto a quelli ottenuti negli anni precedenti o successivi.
Non solo: i giovani hanno una vita sociale attiva e il distanziamento sociale renderà più difficile incontrarsi per condividere e socializzare. Non sorprende che ci siano molti ragazzi ad avere difficoltà psicologiche in questo momento di lockdown.
All’inizio dell’epidemia, quando non si era capita ancora la gravità, avevo sostenuto che i giovani che non volevano rinunciare al loro aperitivo rappresentavano la generazione che si stava rivoltando contro i più anziani che continuavano a morire. Oggi, dopo quasi due mesi di lockdown, ciò che mi colpisce è la volontà con cui i giovani, per i quali il virus è meno letale, combattono a fianco degli anziani. La società ha un debito verso di loro.
Tutti i piani di ripresa non possono prescindere dagli asili, dalle scuole e dalle università. Si dovrebbe anche ripensare il programma di prestiti agli studenti. Oltre a questo, abbiamo il dovere di ripensare tutti insieme il modello di società dei prossimi trentanni, quello che guarda al 2050, offrendo ai giovani la speranza di poter credere nel futuro, consapevoli tutti che la nuova normalità non può essere un ritorno alle vecchie disuguaglianze.