
I rischi del capitalismo digitale
Dal declino del capitalismo neoliberista che ha caratterizzato la stagione della globalizzazione a una nuova forma di capitalismo digitale, che ha come combustibile la dimensione tecnologica e, in particolare, l’enorme numero di dati che caratterizzano il serbatoio della società dell’informazione.
Per trent’anni o forse più gli imprenditori hanno ricercato nel mondo i costi più bassi di manodopera localizzando in luoghi sempre più distanti, in genere in Cina o in India, la sede di produzione.
Oggi, si scala il business con la digitalizzazione. Attenzione però:
il capitalismo digitale, attraente per la sua capacità di rimodulare il rapporto tra tecnologia, riduzione dei costi e condivisione delle informazioni, ha in duplice rischio.
Il primo è quello di non garantire alcuna certezza sulla trasparenza e affidabilità delle piattaforme che costituiscono la base portante di questo cambio di marcia. Si tratta di società private con nuovi poteri privati che competono con quelli statali. Se nel dopo emergenza questa piattaforme diventano digital utilities, dovranno essere pesantemente regolate, come lo è chi fornisce servizi pubblici essenziali.
In USA, pochi giorno fa, a fronte di una partnership siglata da Google e Apple per individuare con le tecnologie digitali un sistema di tracciamento nel pieno rispetto della sicurezza e della privacy, Trump ha dichiarato, senza entrare troppo nel dettaglio, che potrebbero esserci problemi costituzionali.
Il secondo rischio è quello di trovarsi di fronte a un processo che, se non governato, volge verso la disumanizzazione e l’automazione senza regole della società digitale. La tecnologia può semplificare, accorciare le distanze, ma può anche amplificarle e con esse accrescere l’impoverimento dettato dalla riduzione drastica del momento empirico che si nutre dello scambio e del confronto interpersonale.
Ecco perché la politica deve riflettere sui due rischi sopraesposti e provare a definire un modello per l’Italia che non dipenda da colossi stranieri, che sia un’ibridazione equilibrata di analogico e digitale, che punti sui settori “core”, che hanno a che vedere con i diritti fondamentali di ognuno di noi, quali la salute e la sicurezza, a delle Public Digital Utilities e che definisca un nuovo Umanesimo Digitale attraverso piattaforme più trasparenti, distribuite sui vari settori dell’economia reale.