
Il fallimento del paese più ricco del mondo
Bill Gates a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo disse più volte che un contagio globale di queste dimensioni era inevitabile.
La vita di coloro che negli USA nascono in questi giorni sarà profondamente plasmata dalle scelte che verranno fatte da Trump e dal Congresso nelle prossime settimane.
Gli USA sarebbero dovuti essere nell’immaginario collettivo il Paese più pronto di qualsiasi altro ad affrontare questa pandemia, perché sono una nazione ricca, forte e sviluppata.
Questa illusione è andata in fumo nel giro di poco, nonostante l’America abbia avuto almeno un mese di tempo in più per prepararsi mente il virus si diffondeva altrove nel mondo.
Ospedali già in difficoltà si sono riempiti di nuovi pazienti: si ipotizza una vera e propria strage sociale che potrebbe significare dai 150.000 ai 200.000 morti.
Come per le altre catastrofi, anche questa innescata dal corona virus sta colpendo per primi i ceti sociali più deboli: poveri, precari, ma anche artigiani e autonomi.
A NY, dove i 2/3 della popolazione (circa 6 milioni di persone) vive in affitto, i dati delle società immobiliari sono allarmanti, trascinando in un effetto domino tutto il comparto.
Se a questo si aggiungono anche gli effetti della disoccupazione e i mutui non pagati, facilmente si comprende che lo scenario dei prossimi mesi potrebbe essere paragonabile, se non addirittura peggio di quello della Grande Depressione degli anni Trenta.
Siamo sempre convinti che il modello americano sia ancora così attuale?
Quando sento dei colleghi che inneggiano al modello americano e urlano le peggio cose nei confronti della Cina, senza conoscere in maniera approfondita quel paese, che presenta sicuramente molti chiari e scuri, non commento la superficialità politica di chi, pur avendo occupato posti importanti al Parlamento e al Governo, non ha visto in anticipo la rivoluzione che ci stava travolgendo e oggi, ha la presunzione e miope arroganza di voler tracciare la futura strada per l’Italia.