
La politica industriale verso il nuovo paradigma
Negli ultimi 10 anni aziende come Apple e altre che hanno venduto beni immateriali hanno guadagnato molto da un contesto economico caratterizzato da tassi di interesse bassi, prestiti facili e quotazioni azionarie alte. Ma la loro posizione di forza ha gettato anche le basi di quella che potrebbe essere la prossima sbandata dei mercati, simile a quella del 2008.
A quell’epoca le banche, troppo grandi per fallire, furono responsabili del crollo dei mercati finanziari, del prezzo delle case e dei salari e negli anni successivi le grandi aziende big tech hanno avuto il merito di guidare la ripresa.
Come sempre se non si mettono regole e non si osservano le reazioni del mercato, le grandi dimensioni di qualsiasi organizzazione possono diventare un problema, non perché grande è negativo, ma perché la complessità di queste organizzazioni le rende difficili da disciplinare e controllare. Come le grandi banche, i giganti della tecnologia utilizzano il loro potere per aggirare le leggi, nella convinzione di poter operare secondo regimi speciali.
Basti pensare alle operazioni di ingegneria finanziaria realizzate da questi big della tecnologia che dispongono di una grande liquidità, soffrendo al tempo stesso di un elevato indebitamento, dovuto all’aver parcheggiato negli ultimi 10 anni buona parte della propria liquidità in portafogli obbligazionari offshore!!! È il gioco delle scatole cinesi cominciato dopo il 2008, quando le banche centrali hanno abbassato il costo del denaro inondando il mercato di liquidità, con lo scopo di stimolare l’economia.
In realtà, hanno tratto vantaggio solo le grandi aziende che hanno ricevuto prestiti a tassi bassi riutilizzati per acquistare le proprie azioni e distribuire i dividenti, rafforzando i propri titoli in borsa e gli investitori, ma non l’economia reale. Gli economisti stanno parlando di una grande recessione mondiale che potrebbe travolgere l’economia nel 2020; ogni dieci anni storicamente si verifica una crisi causata dai cattivi che sono stati i buoni del boom precedente.
Insomma, i grandi monopoli in qualsiasi settore e, quindi, anche nel web non fanno bene all’economia: il nostro paese deve investire su una grande piattaforma di vendita online che valorizzi la straordinaria capacità artigianale, il Made in Italy inteso nel senso più ampio, quale espressione di bello, buono, ben fatto, bel vivere italiano e più in generale nella sharing economy, non potendo più lasciare tutto questo comparto solo ai grandi big, meglio noti come GAFA.