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    Nessuno di noi nato tra gli anni Sessanta e Settanta si sarebbe mai immaginato di dover affrontare una pandemia come il Coronavirus.

    Nessuno di noi nato tra gli anni Sessanta e Settanta si sarebbe mai immaginato di dover affrontare una pandemia come il Coronavirus.

    Abbiamo assistito alla Tv al bombardamento dell’Iraq nel 1991, agli attacchi alle Torri gemelle nel 2001, ma mai avremmo immaginato di dover essere isolati per un virus mondiale, che è qualcosa di più grave di un’epidemia mortale: è anche una tela su cui si sono proiettati i timori e i pregiudizi più profondi. Sento dire da colleghi che la Cina è “il cancro del mondo”.
    Queste affermazioni mi preoccupano e ancora una volta non possiamo nasconderci che il Coronavirus è utilizzato come metafora per esprimere ogni genere di paure, compresa quella per la posizione dominante della Cina nell’economia mondiale alla quale una politica miope reagisce con frasi banali e violente, anziché con piani ambiziosi e nuove visioni.
    Vorrei anche ricordare a questi colleghi, solo per riflettere insieme e non per fare polemiche sterili e contrapposte discussioni violente, che dalla fine della guerra fredda, le frizioni tra USA e UE sono emerse in modo sempre più evidente, al punto che le due coste dell’Atlantico si sono progressivamente allontanate, arrivando a mettere a rischio un’alleanza che dura da settant’anni.
    Fino a quando, a Washington e a Bruxelles, si è privilegiato un approccio multilaterale, la crescente tensione è stata tenuta sotto controllo. Ma l’aggressivo unilateralismo di Trump sta scavando un solco incolmabile e l’Europa si trova spinta a rafforzare i rapporti di interesse con Mosca e Pechino.
    Per il continente europeo, la frattura con gli Stati Uniti ha delle conseguenze di lunga portata e lo costringe a ridefinire la propria identità proprio in un momento in cui si trova diviso da uno scontro di sistemi di valori, da nuovi contrasti di interessi e da risorgenti tendenze nazionalistiche.
    Se l’Europa è stata la protagonista mondiale del XIX secolo, gli USA del XX, potremmo immaginare che la Cina dominerà lo scenario del XXI secolo. Su questo nuovo orizzonte, credo valga la pena di riflettere per costruire le alleanze più stabili e durature per il futuro, consapevoli che il bipolarismo tra Stati Uniti e Cina si afferma proprio mentre l’Europa è in affanno e rischia di disarticolarsi, sia perché non ha una linea politica comune su questioni scottanti e divisive, come bilancio comune dell’eurozona, unione bancaria, sicurezza e difesa, innovazione e occupazione, immigrazione, sia perché le nuove disuguaglianze sociali e i perdenti delle classi medie dei Paesi sviluppati, come Italia e Francia, rischiano di produrre esiti elettorali di stampo populista a livello europeo, senza elaborare insieme una visione comune di società in cui la crescita e lo sviluppo garantiscano un benessere economico diffuso e sostenibile.

    Il riconoscimento Unesco di Ivrea, città industriale del XX secolo è anche l'identificazione di un modello alternativo di visione di comunità, in cui la cultura, nel processo di modernizzazione avviato a partire dal secondo dopoguerra in Italia, è valore e

    Il riconoscimento Unesco di Ivrea, città industriale del XX secolo è anche l'identificazione di un modello alternativo di visione di comunità, in cui la cultura, nel processo di modernizzazione avviato a partire dal secondo dopoguerra in Italia, è valore e

    Il riconoscimento Unesco di Ivrea, città industriale del XX secolo è anche l'identificazione di un modello alternativo di visione di comunità, in cui la cultura, nel processo di modernizzazione avviato a partire dal secondo dopoguerra in Italia, è valore e