
Pensieri sull’Italia delle Donne
(testo dell’intervento al convegno “Creatività e miglioramento socio-economico” di FIDAPA – Distretto Nord-Ovest, Torino, 26.05.2018)
#pattoXnatalità e #pattoXfamiglia: oggi parleremmo di hashtag per farci comprendere dai giovani e intorno ai due # che ho indicato nel titolo del mio intervento dovrebbe ruotare la politica che vuole davvero valorizzare il potenziale delle donne e che crede nel cambiamento culturale, sociale ed economico e non già nell’alternanza linguistica di genere.
Non mi interessa battermi per cambiare il nome di “assessore” in “assessora”, di “sindaco” in “sindaca”, di “ministro” in “ministra”, ma ragionare in maniera coordinata suo temi della famiglia, della natalità e dell’occupazione femminile.
L’Italia è il paese europeo con il minor tasso di fecondità e di occupazione femminile e le tendenze non sono incoraggianti.
Da circa quarant’anni i tassi di fecondità sono molto bassi: meno di due figli per ogni donna, indicatore inferiore a quanto necessario a garantire il semplice ricambio generazionale, con conseguenti problemi di sostenibilità del sistema pensionistico e fiscale, ma anche assenza di prospettive di crescita del sistema economico e impoverimento culturale.
L’Italia è il secondo paese più anziano al mondo dopo il Giappone. Nel 2050, si stima che ci saranno 74 “over 65” per ogni 100 attivi (persone tra i 20 e i 64 anni) a fronte dei 38 attuali.
In Italia circa il 94% dei giovani vuole costruire una famiglia. In particolare, l’80% vorrebbe due figli, il 14% si fermerebbe a un figlio e solo il 6% non ne vorrebbe.
A fronte di questi dati, la politica deve sostenere il desiderio di famiglia che è molto diffuso nel nostro paese, anche al fine di evitare crisi esistenziali degli individui che si registrano essere sempre più frequenti, perché impossibilitati a realizzare un sogno che è tipico della cultura italiana ed è radicato nella società, anche se in profonda evoluzione e trasformazione.
Infine, analizzando i dati sulla produttività del lavoro, si nota che l’Italia registra dati peggiori rispetto a Francia, Germania e i paesi dell’Europa del nord e anche nel 2018, nonostante il forte impulso dato all’industria 4.0, si registra solo uno 0,6% a fronte di una media dei paesi europei più evoluti pari a 1,3%.
Anche questi numeri non incoraggianti vanno interpretati come la conseguenza di un’occupazione femminile molto bassa, essendo le donne molto più produttive degli uomini a parità di fattori economici presi in considerazione.
Va anche interpretato il fenomeno dell’intelligenza artificiale sul quale l’Italia è nuovamente in ritardo: gli algoritmi inseriti nei codici di programmazione sono il frutto e l’espressione del pensiero che è prevalentemente maschile, perché nel nostro paese sono davvero pochissime le donne programmatrici, preferendo di gran lunga altri tipi di studi e di attività. Si rischia, quindi, con l’intelligenza artificiale di reiterare gli errori del pensiero maschIle che è frutto di connessioni che partono dalla parte anteriore del cervello per andare verso quella posteriore a differenza di quello femminile che è frutto di connessioni che vanno dall’emisfero destro, che è più intuitivo, verso quello sinistro, che è più logico e razionale.
Queste sono le vere differenze tra i due mondi che vanno interpretate anche in chiave politica affinché le donne siano valorizzate per le loro specificità e siano anche agevolate negli ingressi nel mondo del lavoro, consapevoli del loro importante e esclusivo apporto di competenze e professionale.